Eccovi le opere visive di tredici residenti, realizzate durante gli incontri di un laboratorio creativo che aveva lo scopo di risvegliare antichi sensi, quali l’udito, il tatto, la vista e l’olfatto.
Cosa fare, quando c’è poco da fare?
Si fanno cose semplici. Si usano i sensi. Si ascolta, si guarda, si annusa, si tocca.
Il suono delle campane e dell’acqua si fondono a quello delle canzoni di un tempo.
Le parole si mescolano con il colore stesso dalle mani antiche.
Gli occhi si accendono con i ritmi perduti nella memoria.
Si sommano le esperienze della giornata, che vive, rinasce e finisce nel suono di vite lontane, sempre presenti.
Durante il laboratorio svolto nel mese di maggio 2019, i partecipanti sono stati stimolati a riattivare l’ascolto e la consapevolezza di ciò che ci circonda, dell’ambiente in cui siamo immersi e di noi stessi.
Ascoltare proviene dal latino auscultare, cioè sentire con l’orecchio, ed è fortemente legato al concetto di attenzione e di vibrazione. Il suono, il paesaggio sonoro, è vibrazione che diviene relazione. È un andare verso l’altro, un movimento vitale, che aderisce alle cose, le osserva, le fa proprie. Ad esempio: porgere l’orecchio e accorgersi dell’acqua del Rio Salagon che scorre vicino casa e ascoltarla veramente, significa attivare un delicato processo di apertura.
Loredana, che ha registrato il suono dell’acqua, racconta:
«Il suono può dare molte cose, ad esempio se è dolce può farti ricordare un grande amore, se è un po’ forte, una lite, una storia finita male, oppure ricordi brutti come la guerra e le bombe. Io ero a Milano e tutte le sere andavamo a finire in cantina, in una casa di sette piani! Ognuno può sentire il suono in modo diverso, e ogni suono può dare cose diverse…».
Questo movimento d’ascolto attivato dal suono scatena emozioni, associazioni spontanee, stimola ricordi e processi cognitivi. Coinvolge il nostro modo di interagire, di camminare, respirare, pensare.
Nel corso dell’attività laboratoriale, i partecipanti hanno sperimentato alcuni esercizi sensoriali per attivare la loro capacità di ascolto e permettersi di “pensare con le orecchie”. Tra questi, la “passeggiata sonora”, cioè una passeggiata d’ascolto in silenzio, tra case, vicoli e campagne di Dro. L’esercizio aveva lo scopo di creare delle squadre di attivi e vitali “ascoltatori”, in grado di riconoscere e decifrare il paesaggio sonoro che circonda l’abitato di Dro.
I partecipanti si sono trasformati in veri e propri “raccoglitori” di suoni ambientali: dalle campane, al suono della fontana di Orbia, dal canto degli uccelli della residenza a quelli esterni, dal frusciare delle foglie all’acqua del Rio Salagon.
I preziosi suoni sono stati registrati dagli stessi partecipanti con un registratore digitale e con cuffie stereofoniche.
Una volta ripuliti, montati e raccolti in un archivio dall’esperta, i documenti sonori sono stati riascoltati in aula per attivare altri processi creativi, l’immaginazione e la memoria.
Ne sono nati ricordi, memorie autobiografiche, verbalizzazioni di emozioni, parole-chiave, che si sono tradotte in racconti e colori, grazie a un lavoro d’insieme che ha trasformato i suoni in immagini vivide e vibranti.
Le memorie e le nuove percezioni acustiche rielaborate e presentate in forma artistica mostrano il potenziale attivo dei partecipanti. Rivelano nuovi “punti di vista e di ascolto” di persone mature portatrici di creatività. Esperienze molteplici, nate dall’ascolto del fuori e del dentro, dell’esterno e dell’interno, da condividere con la Comunità.